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IL RISVEGLIO DEI DEMONI
La vita dei Primi Popoli scorreva tranquilla sotto lo sguardo degli Dei.
Gli Eldarim vivevano nella gioia e nell'adorazione delle divinità, contemplando il mondo che li circondava. Essi non avevano rapporti con gli Inoi, che consideravano troppo rozzi e legati alla materia, e non ricordavano neppure l'esistenza del Morak, che avevano visto una sola volta e da cui erano rimasti troppo inorriditi per volerlo rammentare.
Gli Inoi vivevano a contatto con la natura ed avevano imparato ad accudirla ed a comunicare con essa per tramite degli spiriti che la animavano. Essi non riuscivano a comunicare con gli Eldarim, che si tenevano troppo distanti da loro. Ricordavano il loro incontro con il Morak e la paura che avevano provato, ma in seguito il contatto con la natura aveva insegnato loro che non sempre ciò che è brutto è anche malvagio, così essi lo avevano cercato per capire se la loro paura era giustificata, ma non erano mai riusciti a trovarlo.
I Morak, che ormai erano numerosi, vivevano nell'oscurità come avevano sempre fatto, e non tentavano più di avvicinare gli altri popoli che li avevano respinti. Essi però li osservavano stando nascosti, e fu così che uno di essi si invaghì di un Eldarim.
Il Morak continuava ad osservarlo da lontano, sotto lo sguardo alternato di Asteros e Luan, ma sapeva di non poterlo avvicinare poiché ne sarebbe stato scacciato. Così esso pregò Luxiana ed il suo seguito perché gli concedessero un nuovo aspetto che gli permettesse di avvicinare l'oggetto del suo desiderio, ma Luxiana non ascoltò la sua preghiera poiché non desiderava che gli Eldarim tanto cari agli dei venissero ingannati dai Morak che al contrario non li avevano mai riveriti.
Allora il Morak pregò Celaban ed i suoi compagni, ma Celaban si rifiutò di accogliere la sua preghiera poiché egli riteneva che ogni cosa dovesse essere preservata nel suo stato naturale e che neppure gli dei dovessero modificare il modo in cui il mondo neonato stava nascendo e crescendo.
Infine il Morak rivolse la sua preghiera a Tetranor ed ai suoi sudditi, ma Tetranor non volle neppure ascoltare. Perfino Lorathh si rifiutò di concedere il suo aiuto, poiché temeva che se i Morak fossero diventati simili agli Eldarim, essi avrebbero abbandonato il sottosuolo in cui lei regnava ed avrebbero smesso di adorarla.
Disperato ed infuriato, il Morak urlò agli dei tutto il suo disprezzo e decise che avrebbe ottenuto ciò che desiderava con o senza il loro aiuto.
Fu tale la forza del suo odio e del suo amore, della sua disperazione e del suo desiderio, che essa risvegliò qualcosa che era sempre stata nel cuore del mondo neonato fin dalla sua creazione, una forza che nasceva dal cuore del mondo e dal potere di Lynooran che lo aveva permeato, dal potere che gli dei avevano riversato su di esso e dall'energia che lo aveva investito quando Seftos aveva cessato di esistere.
Questa nuova forza, che in seguito sarebbe stata chiamata magia, prese corpo e forma dando origine a creature quali il mondo neonato non aveva mai visto prima, ed esse vennero chiamate Dai-Mon, che nella rozza lingua dei Morak significava Nemici degli dei, poiché essi concessero al Morak ciò che gli dei gli avevano negato.
Nascondendo la loro esistenza agli stessi dei, i Dai-Mon insegnarono al Morak come attingere al potere della magia e plasmarlo per dare forma ai suoi desideri. Essi però non dissero che la magia avrebbe avuto un prezzo.
Così il Morak usò la magia per alterare il suo aspetto e rendersi tale da poter avvicinare l'Eldarim ed affascinarlo come ne era stato affascinato esso stesso.
Esso si unì all'Eldarim e quando fu noto che da questa unione sarebbe nata una nuova vita esso fu accolto tra gli Eldarim, che nulla sospettavano della sua vera natura, e trattato come uno di loro.
E dall'atto di amore, desiderio ed inganno del Morak, una delle essenze divine prive di forma trasse ispirazione per divenire Fashia.
Così il tempo passò e giunse il momento della nascita, ma proprio mentre il Morak dava alla luce il frutto del proprio amore, la magia che lo aveva reso simile agli Eldarim decadde, mostrando a tutti il suo vero aspetto. Infuriati ed inorriditi, gli Eldarim uccisero il Morak e la creatura che aveva generato. Solo il padre del bambino non partecipò alla loro rabbia, rendendosi conto solo allora che per lui l'aspetto e la natura dell'essere che aveva amato non avevano importanza.
L'Eldarim pregò allora gli dei perché concedessero ai suoi amati di vivere. E Liviar ascoltò la sua preghiera e gli concesse il potere di riportare i morti in vita, a condizione però che lo usasse su uno soltanto dei due, poiché la Morte non avrebbe accettato di non ricevere il suo tributo. Costretto a scegliere, l'Eldarim decise di riportare in vita il neonato, che era del tutto innocente e rappresentava una speranza, sapendo che anche il Morak avrebbe fatto la stessa scelta.
Impressionati dall'intervento divino, gli altri Eldarim si placarono e non osarono fare del male al bambino o al padre, eppure essi non riuscirono mai ad accettare il nuovo nato e lentamente allontanarono entrambi dalla loro vita. Quanto più il bambino cresceva tanto più agli occhi degli Eldarim egli mostrava la corruzione del Morak che lo aveva generato. Egli era infatti più piccolo di un Eldarim, i suoi capelli erano color della terra, come pure i suoi occhi, e scendevano sulle sue spalle in boccoli anziché riversarsi come le onde di un fiume. La sua carnagione era leggermente bronzea, e la sua costituzione più rigida e più solida. E tutti questi segni che tra gli Inoi lo avrebbero reso uno tra i tanti, tra gli Eldarim lo resero unico e solitario.
Tale fu lo sconforto nel cuore di suo padre che, quando il bambino era ancora troppo piccolo per iniziare a capire, egli fuggì dagli Eldarim e trovò rifugio tra gli Inoi, che accolsero lui e suo figlio come se avessero sempre fatto parte del loro popolo. Egli raccontò agli Inoi la sua storia, disse loro della magnificenza degli dei e di ciò che Liviar gli aveva concesso, ed egli divenne il primo sacerdote del mondo neonato.
Ma gli Eldarim non accettarono la fuga del loro compagno. Incapaci di comprendere di averlo allontanato, essi diedero la colpa dell'accaduto alla corruzione che i Morak avevano portato tra di loro. Così, per impedire che ciò che era accaduto una volta potesse accadere di nuovo, essi si misero in cerca dei Morak per usare i poteri che gli dei avevano concesso loro per sterminarli.
Ebbe così inizio la prima guerra del mondo neonato. E i Dai-Mon ne gioirono.
Prosegue con: La Guerra della Magia
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