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LA SCISSIONE DIVINA
Quanto accaduto tra l'angelo ed il Dai-Mon ebbe però conseguenze molto più gravi ed estese..
Se tra i Dai-Mon non era insolito vedere un singolo individuo comportarsi secondo il proprio desiderio piuttosto che secondo quello del suo popolo, e solo lo sconosciuto atto d'amore era parso ad essi talmente orrendo da causare il suo esilio prima e la sua morte in seguito, per gli dei il tradimento di un angelo era stato prima di allora un atto impensabile.
Anche quando, dopo essere stati creati, alcuni angeli avevano preferito il mondo neonato al Nulla, la loro scelta era stata nota, e mai essi avevano tentato di ingannare gli dei e nascondere loro la verità.
L'angelo che aveva dato origine al nuovo nato, invece, aveva mentito ed ingannato, taciuto e nascosto, e se questo era comportamento naturale tra i Dai-Mon, era invece blasfemia tra gli dei.
Quanto accaduto cambiò perciò profondamente la visione che gli dei avevano del mondo.
Li rese per la prima volta consapevoli di non conoscere ogni aspetto del mondo neonato, e di non poter sapere ogni cosa che su esso accadeva. Fece comprendere loro di non avere il pieno controllo su chi li adorava, e meno che mai su chi agiva contro di loro o a loro insaputa.
Fu così che le differenze di vedute tra di essi si accentuarono, creando una spaccatura che mai più avrebbe potuto essere risanata.
Luxiana, pur benevola e ben disposta nei confronti dei mortali e dei suoi servitori angelici, dichiarò che qualcosa doveva essere cambiato, e che il mondo doveva essere assoggettato a delle regole che nessuno avrebbe dovuto infrangere. Disse che ai mortali avrebbe dovuto essere dato un cammino da seguire, e dal quale nessuno avrebbe dovuto o potuto allontanarsi, e lo stesso avrebbe dovuto essere fatto per gli angeli, vincolandoli alla rigida obbedienza ai loro creatori, ed impedendo loro qualunque tentativo di ribellione o di menzogna. Solo così i Dai-Mon avrebbero potuto essere sconfitti per sempre, poiché nessuno li avrebbe mai più ascoltati, e cose come quella che era accaduta non avrebbero mai più potuto ripetersi.
Tirgh fu il primo a schierarsi al suo fianco, seguito da molti altri dei che, per i più svariati motivi, giudicavano giusta la sua visione e credevano fortemente nel potere e nella giustizia della Legge.
Tetranor, per cui i mortali erano di marginale interesse e a cui solo importava trarre maggior potere dalla loro adorazione, si schierò subito contro Luxiana. Egli sostenne che proprio l'esistenza di regole ferree aveva fatto sì che l'angelo sentisse il bisogno di nascondere quanto accaduto agli dei. Che se non avesse temuto l'applicazione della Legge, esso avrebbe subito rivelato ciò che era accaduto, ed accettato la decisione che gli dei avrebbero preso. Egli affermò che non solo nessuna regola dovesse essere imposta, ma che anzi si dovessero spingere i mortali a non averne alcuna, ed a non seguire mai alcun cammino, lasciando che fosse il caso a governare le loro esistenze. Solo in questo modo i Dai-Mon avrebbero potuto essere sconfitti per sempre, poiché chiunque li avesse ascoltati avrebbe poi comunque agito diversamente, e cose come quella che era accaduta non avrebbero mai più potuto ripetersi.
Themnoc fu il primo a schierarsi al suo fianco, seguito da molti altri dei che, per i più svariati motivi, giudicavano giusta la sua visione e credevano fortemente nel potere e nella gloria del Caos.
Celaban rifiutò di accettare entrambe le visioni dei due schieramenti, poiché riteneva che l'unico modo corretto di governare il mondo neonato fosse quello di non governarlo, limitandosi a bilanciare i due estremi e lasciando che fossero i mortali a scegliere la loro strada ed a decidere se averne una. Egli disse che era giusto che i mortali avessero delle regole da seguire, ma che se fossero stati obbligati a seguirle avrebbero smesso di essere ciò che erano sempre stati, e sarebbero diventati dei semplici attori delle loro stesse vite, incapaci di discostarsi da ciò che gli dei avevano deciso per loro.
Ed egli disse che era giusto che i mortali fossero soggetti alle leggi del caso, ma che se non avessero avuto uno scopo, né un modo per governare il caso stesso, avrebbero smesso di essere ciò che erano sempre stati, e sarebbero diventati semplici pedine nelle mani volubili del fato.
Ed egli disse che i mortali, così come gli angeli, avrebbero dovuto essere liberi di scegliere la loro strada o di non percorrerne alcuna, di assoggettarsi al caso o di tentare di imbrigliarlo, e che solo così i Dai-Mon avrebbero potuto essere sconfitti, poiché non sentendosi né vessati né abbandonati dagli dei, i mortali avrebbero scelto di non seguire i loro consigli, e non farsi tentare dalle loro lusinghe.
Dalla sua parte si schierarono tutti quegli dei che, per i più svariati motivi, giudicavano giusta la sua visione e credevano fortemente nel potere e nell'imparzialità dell'Equilibrio.
Tar non assunse alcuna posizione, in quanto pur condividendo in gran parte quanto Celaban aveva affermato, egli credeva che la più pura neutralità consistesse nel lasciare che il mondo seguisse il proprio corso, limitandosi ad osservarlo senza intervenire, se non per impedire che una forza esterna potesse alterarlo.
Grandi furono i dibattiti tra gli dei per decidere quale delle tre visioni fosse quella giusta, ma nessuno di essi volle mai cambiare la propria posizione.
Luxiana asseriva la correttezza della Legge e la necessità che il mondo neonato ne fosse assoggettato, mostrando come l'assenza di regole fosse ciò che lo avrebbe portato alla distruzione. Ricordò ai suoi compagni la guerra dei draghi e la devastazione che essa aveva portato, e come questa non sarebbe mai avvenuta se i draghi avessero avuto l'obbligo di non combattersi tra loro e di collaborare perché la Legge venisse applicata.
Tetranor asseriva la perfezione del Caos e la necessità che il mondo neonato fosse libero da ogni vincolo, mostrando come le regole fossero state la causa di tutti i mali che esso aveva subito. Ricordò ai suoi compagni la guerra dei draghi e la devastazione che essa aveva portato, e come questa non sarebbe mai avvenuta se i draghi non avessero pensato di avere uno scopo da raggiungere ed avessero vissuto ognuno per proprio conto nel Caos.
Celaban asseriva la necessità dell'Equilibrio, e della coesistenza di Legge e Caos senza che nessuna delle due forze avesse mai il sopravvento sull'altra, poiché entrambe avrebbero distrutto il mondo neonato. Ricordò ai suoi compagni la guerra dei draghi e la devastazione che essa aveva portato, e come questa non sarebbe mai avvenuta se i draghi cromatici avessero avuto delle regole da seguire, e al tempo stesso i draghi metallici non si fossero lasciati vincolare dalla legge, ed entrambi avessero osservato ed aiutato il mondo come ritenevano giusto fare, mantenendo l'Equilibrio come avevano fatto i draghi delle gemme.
Per quanto discutessero e perorassero ognuno la propria causa, gli dei non riuscirono in alcun modo a convincere gli altri della propria visione, e così, per la prima volta da quando esistevano, gli dei smisero di collaborare, ed il loro scontro si tramutò in una vera e propria guerra.
E i Dai-Mon ne gioirono.
Prosegue con: La Seconda Guerra degli Dei
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