Komics Club Fantasy Game Newsletter -=-=-=-=-=-=- MAGGIO 2003 -=-=-=-=-=-=- INTRO Non so ancora bene perchè, ma sono in ritardo di un giorno! Eppure avevo la Newsletter pronta da ieri!!! -=-=-=-=-=-=- Aggiornamenti Sito -=-=-=-=-=-=- Questo mese la prima di una serie di piccole soprese e rinnovamenti: il nostro sito (ed il nostro gioco) si arricchisce di ben otto nuove classi... o quasi. Se volete saperne di più, verificate di persona: http://www.gioco.net/fantasy/kcfg/creare.htm -=-=-=-=-=-=- MAIL DEL MESE -=-=-=-=-=-=- Anche questo mese una serie di pari merito [KCFG2] Vincenzo/Gwyddyon 170403/01 Il vento si insinuò tra le vesti di Gwyddyon ed un brivido percorse tutto il suo corpo. Gli alberi della foresta sussurrarono il suo nome, il vento complice tra le loro foglie. I muscoli del druido si tesero e Dagda, il corvo appoggiato sulla sua spalla, strinse le ali dietro la coda sbattendole impercettibilmente, in segno di nervosismo. Dion era giunto lì spinto più da un impulso irrefrenabile, che da una intuizione o dalla sua volontà. Aveva lasciato la corte del Re elfico senza nemmeno congedarsi ufficialmente, quasi come se non avesse altro tempo da perdere. Un giorno, aveva pensato, si sarebbe scusato di questo con Elvithrandel. Il Re non era affatto nuovo alle sue misteriose e repentine partenze, ma generalmente Gwyddyon aveva sempre avuto il buon gusto e l'educazione quantomeno di avvisarlo tramite un messo, cosa che stavolta non aveva assolutamente fatto. Si era così diretto verso la foresta ove dimorava la Porta, luogo dal quale era giunto proprio lì nelle terre elfiche, alcuni giorni prima. Nessun motivo apparente l'aveva spinto lì, se non la convinzione di dover nuovamente mettersi in viaggio, stavolta per una terra ancor più lontana, e che nulla sembrava aver a che fare con i Ruak o gli Orchi. Due soli giorni di viaggio, nei quali aveva sentito i propri poteri rinascere con più forza. Ormai iniziava a rammentare tutto ciò che l'oblio della maledizione, che l'aveva tenuto legato alla sua forma di lupo per dieci lunghi anni, aveva cancellato dalla sua mente. La conoscenza druidica assumeva, ogni giorno che passava, l'antico fulgore. Tutti quei pensieri, che avevano occupato il tempo di quest'altro viaggio solitario, in quel momento scomparvero, per far posto ad un unico timore: c'era qualcuno lì con lui, in quel momento. Un ombra, uno spirito dell'aria, un'essenza vitale che sembrava celata alla vista del druido. Non aveva, il druido, bisogno di una conferma visiva, poiché l'intera foresta era ora intenta ad avvisarlo, scricchiolando, gemendo, soffiando e sussurrando. Lamfada, la spada di Dion, guardò il giorno con occhi scintillanti, uscendo lenta dal suo fodero. Dagda gracchiò appena un attimo prima che l'ombra fosse scorta anche da Gwyddyon. Una figura umana apparve nel folto della foresta, scura come il denso del fogliame che si estendeva oltre. Una voce, che a Gwyddyon parve nota, giunse dall'ombra al druido. "E' bello ricontrarti mio grande amico, del quale non ho mai conosciuto il vero nome." La spada si mosse nervosa, mentre Gwyddyon preparava mentalmente le azioni da compiere in caso di reale pericolo. Le parole di un incantesimo che era stato dimenticato fino a quel momento, gli tornarono alla mente come un'onda improvvisa, trasportate, dal fondo del mare della sua nemesi, dal forte vento della paura. Ma non le volle usare in quel momento, incerto sulla vera natura del suo oscuro interlocutore. "Chi sei tu, che mi chiami amico senza che io possa vedere il tuo volto!" "Il mio volto ti è ora celato non per mia volontà, ma perché tu stesso non sai riconoscermi ancora. Ascolta la mia voce. Possibile che tu non la riconosca? Eppure c'è stato un tempo in cui l'avresti riconosciuta tra mille e ti saresti subito lanciato sul mio viso... per leccarlo scodinzolante!" La frase sarebbe apparsa, ai più, ingiuriosa, ma Dion comprese solo in quel momento a chi appartenesse quella voce, e ne capì il vero significato. Così come l'ombra aveva detto, non appena Gwyddyon ebbe riconosciuto l'uomo, le ombre si aprirono disperse dalla luce delle vesti bianche del sacerdote di Liviar. "Sadarar!" Il Druido fece per muoversi verso il sacerdote, spinto dalla commozione e dalla voglia di riabbracciarlo in quell'inatteso rincontro, ma l'uomo con un gesto della mano lo fermò. "Non sono che un'ombra, in questo mondo, oramai. Non potresti abbracciarmi, come anch'io vorrei, come non potresti toccare una nuvola, amico mio." Gwyddyon non comprese del tutto. "E' forse il tuo spirito che parla, allora?" "Oh no! Sono vivo, più che mai! - rise Sadarar, con quel suo solare sorriso - Semplicemente, in questo momento, non sono realmente qui. Non avrei potuto giungere in questi luoghi, che fanno parte del mio passato, neanche se avessi voluto. E ti assicuro che non avrei voluto: l'ultima volta che ci sono stato, qua a Vaeelen il tempo è trascorso più in fretta del solito e ho ritrovato, al mio ritorno, un figlio, che avevo lasciato poco più che un cucciolo d'uomo, già abbastanza grande da chiedere alla madre di istruirlo nei primi rudimenti dell'arte della spada!" "Sono qua, in queste vesti, ma dovrei dire non-vesti, grazie ad una sorta di sortilegio, amico mio. E per un motivo ben preciso, oltre quello di salutarti, e di conoscerti nel tuo nuovo corpo! "Certo non ti aspettavi di ritrovarmi uomo." "In effetti quando mi dissero che l'unico che avrei potuto raggiungere saresti stato tu, chiesi più di una spiegazione. E così ho saputo. Mi spiace, amico mio. Se avessi saputo, avrei tentato di aiutarti. Non ti avrei considerato un semplice lupo, fischiando per richiamarti e carezzandoti per ringraziarti." "Non temere, Sadarar. Come avresti potuto sapere? E come avresti potuto aiutarmi? In ogni caso sappi che la tua amicizia è uno dei ricordi più belli che ho di questo lungo periodo passato in miseria, relegato in forma di lupo." "Ricordi quindi tutto di quello che hai vissuto in quel corpo?" "Sebbene in quel momento non mi rendessi conto di essere Gwyddyon il druido, e non ricordassi il mio passato, tutte le emozioni e le esperienze vissute in quella forma le ho portate con me, nella mia ritrovata umanità, Sadarar. E di te ho il più bel ricordo." "Gwyddyon è il tuo nome, quindi. Come vorrei abbracciarti, ora, e salutarti col tuo vero nome, e non con quello che ti diedi io!" "Cucciolo non era poi tanto male! - rise Dion - Un nome vale l'altro se a chiamarti è chi ti ama." "Ed il tuo amico? - Sadarar fece cenno al corvo sulle spalle del druido - Anche lui..." "Nessuna maledizione per lui, se non quella di dovermi seguire ovunque perché legato a me tramite il sangue. Uno spirito d'aria, a cui ho dato il nome di Dagda." "Dagda... non mi dice nulla." "Mi piacerebbe poterti parlare della mia vita, delle divinità in cui credo, delle antiche leggende dei druidi di cui feci parte e che ora mi ripudiano. Ma mi è sembrato di capire che non sei qui solo per farmi visita, Sadarar." "Sei saggio, come eri allora, Gwyddyon. In effetti, giungo qui per portarti un messaggio di grande importanza. E sono felice di sapere che i tuoi ricordi di quel periodo non sono scomparsi quando ti sei destato dalla maledizione. Altrimenti averi dovuto spiegarti tutto, e non avrei avuto il piacere di questa piccola conversazione prima di farlo. Quindi tu ricordi tutto dei Demoni?" "Non solo, Sadarar. Dei Demoni sapevo prima ancora di incontrarti. Le conoscenze dei Druidi sono vaste e affondano le loro radici in un passato che molti hanno dimenticato. Se solo avessi ricordato prima, e in forma di lupo avessi potuto parlarti, ti avrei avvisato del pericolo a cui stavi andando incontro!" "Quanto sai dei Demoni, Gwyddyon?" "Molto. Poiché di loro mi stavo occupando prima che mi infliggessero quest'assurda punizione. La maledizione fu lanciata su di me, in parte proprio a causa di questo. Sapevo che esisteva il pericolo che i Demoni fossero risvegliati. Più di una antica profezia ne parla e in tutte i segni del loro imminente risveglio, si sono già mostrati. Le pietre sono state ritrovate tutte, il libro anche. Ora non resta che aprire il Portale e Loro saranno liberi!" "Dobbiamo impedire che si apra il Portale. Speravo che le Pietre fossero al sicuro, ma così non è. Una sola. Una sola è nelle mani del bene, e presto anche quella potrebbe cadere nelle mani di colui che le brama." "Sai il suo nome?" Sadarar scosse la testa. "Ma credo che presto sarà noto tristemente a molti! Il messaggio che ti porto è relativo ai Demoni." "Fin da quando sono tornato uomo, ho pensato a questa terribile vicenda. Ho persino incontrato Rebaf..." "Rebaf! Ti sei mostrato a lui? Ed ora dov'è?" "La situazione in cui ci siamo incontrati non era delle più rilassate. Credo non sappia chi sia io in realtà. Era mia intenzione seguirlo, dopo aver risolto una certa questione che interessa il regno elfico e non solo." "Qualsiasi sia la questione a cui sei interessato, ti chiedo di distogliere la tua attenzione per occuparti delle Pietre." "Era mia intenzione far anche questo, dopo aver visitato il Re elfico. Ma cosa potrei fare ora? Non so il nome della Chiave. No so che fine hanno fatto le Pietre. Non so dove siano coloro a cui fu lasciata la Pietra del Grande Freddo. Non so dove sia il terzo Portatore dell'Anello. Non c'è poi molto che possa fare..." "Eppure sei l'unico a cui possa lasciare questo messaggio. E questo è un inizio. Devi raggiungere Rebaf e tutti coloro che sanno dei Demoni. Tra di loro vi è anche un Drago, del quale feci la conoscenza prima di tornare a Vaeelen. Anche lui sa e potrebbe essere un valido aiuto. Adesso mi rimane poco tempo, Gwyddyon. Quindi ascoltami. Devi raggiungere Larrelia, al più presto. Quindi cercare qualcuno di coloro a cui fu affidata la pietra. Impedisci a tutti i costi che il Portale sia riaperto. Difendi la Pietra, con la tua stessa vita. Ma se così non fosse, se la Pietra cadesse nelle mani sbagliate, allora non restano che due alternative: distruggere i Demoni o rinchiuderli nuovamente nel Portale. Hai ascoltato attentamente le mie parole? Distruggere o rinchiudere. Non posso dirti di più, perché di più non so." "Li raggiungerò, non temere." "Esiste un'altro problema, Gwyddyon. Il Terzo portatore dell'Anello, quello Nero: Kysin di Moriana. Deve essere localizzata e tenuta sottocontrollo. Costituisce un grave problema. Ma non impossibile da risolvere. Il pericolo è costituito dal suo anello, e non da lei! Comprendi?" "Credo di sì." "Mi rimane così poco tempo e avrei tante cose da dirti. Ma non mi è stato detto altro. Nel mio primo viaggio, da Vaeelen fin nelle terre che ti ospitano e ospitarono me, ho potuto vedere un passato di cui pochi o nessuno ha memoria. In quello di ritorno, per me quasi due lustri fa, è stato il futuro a venirmi incontro. Immagini terribili, strazianti, malefiche. Ma il futuro non è deciso, lo sai? Il Kra... ricordi? Caso e Destino. Alcune cose sono decise. Ma molte sono lasciate al nostro arbitrio. Esiste una speranza, e spero che siate in grado di sconfiggere il male. Ti lascio con quello che per me è un enigma ma che forse tu potrai comprendere: è stata l'ultima delle mie visioni. Un fiore bianco, candido come la neve, dai petali scintillanti di gioia e pace. Accanto a lui uno scarlatto, orgogliosamente eretto, che tendeva una foglia verso l'alto ed una verso il basso. Infine uno nero, che sembrava emanare un odore di morte, e che gettava un'ombra lunga e terrificante. I tre fiori stavano nascendo in un prato rigoglioso di colori. Il primo a nascere era quello bianco, e man mano che spuntava dal terreno e mostrava la sua splendida corolla, tutto intorno si faceva ancor più luminoso ed il campo fiorito pareva riposare beato nel tepore di un sole primaverile. Il secondo a fiorire era quello rosso. Il prato si ridestava, allora, e tutti i fiori mostravano felici i propri rigogliosi colori, completando quello che il bianco aveva creato. Infine nasceva il nero. E la luce del sole si perdeva, sotto la sua lunga ombra. Eppure anche lui faceva parte del campo che ne nutriva le radici e aveva accolto il suo seme permettendogli di vivere. Il fiore nero non completava l'esistenza del campo, né poteva esser utile, in qualche maniera. Ma ne faceva parte. Venne la sera, nella mia visione. Il fiore bianco continuava a risplendere illuminando una vasta zona attorno a sé e consentendo al campo di ricevere la luce di cui aveva bisogno per tenersi in vita. Anche quello rosso non dormiva, e riscaldava la terra grazie al calore accumulato durante il giorno. Quello nero, invece, sembrava addormentato. Poiché senza luce il nero non poteva nutrirsi. Finché non comprese che la luce di cui necessitava durante il giorno, poteva sottrarla a quello bianco durante la notte. Si svegliò e iniziò ad estendere la sua ombra verso il fiore bianco. E là dove vi riusciva, il campo cessava di vivere. Per questo il bianco si sforzava di risplendere ancora di più. Ma tanta più luce quello creava, tanta più il nero ne sottraeva, avido e assetato. La competizione era iniziata, e da quella né il Bianco, né il Nero erano sopraffatti.A farne le spese era il prato fiorito. Per fortuna, però, venne presto il giorno, e gli equilibri si ristabilirono. Parte del prato era ormai morta. Ma ecco nascere altri fiori, dove la terra aveva accolto quelli che non c'erano più. Questa la visione. Quello che mi sono chiesto è stato: ma se la notte fosse durata troppo, o non fosse finita mai, cose ne sarebbe stato del prato?" Gwyddyon guardò il sacerdote sul cui volto si era dipinta una espressione d'angoscia. Il sole sonnecchiava già lungo l'orizzonte. "Vedi, Gwyddyon. La sera sta per arrivare. Dobbiamo impedire a tutti i costi che duri troppo a lungo..." E senza aggiungere altro, anche la figura di Sadarar, come il sole poco dopo, tramontò. ---------- [KCFG3] 210 Tomas/(Marlboro) 150403/01 [Marlboro] Una luce... Candida e splendente... Gli occhi del mezzodemone, presi a sorpresa da untumulto istintivo, si aprirono mentre nella testa un frase si faceva sempre più accesa e viva *E' dunque questa la mia ora?* .. L'espressione soffocata e seria del mago mutò in cattiveria e ira "PORC..e ti ci metti pure tu?! Solo perchè sei così caldo e giallo osi infastidire il mio sonno con un tuo sporco raggio!!?" le gambe, stanche e malandate del mezzodemone, con uno scatto furibondo, fecerò sollevare il mago dalla scomoda posizione, improvvisata la notte prima, sul robusto ramo del verde albero, mentre il pugno chiuso, della mano sinistra, si levò in aria in segno di sfida verso quel corpo incandescente..il sole..solo una mente particolare come quella del mezzodemone poteva credere in quella insulsa azione.. Ma qualcosa di più interessante catturò l'attenzione del suo sguardo.. Rimase in silenzio per qualche secondo.. ..Finche tutto quell'ambiguo interesse prese forma in alcune semplici parole: "mhh..già già, credo sia meglio perdere un braccio che tutta la vita.o no?" si domando quasi persuaso da quelle sue stesse parole, mentre gli occhi, annebbiati dall'impeto del momento, osservavano affamati la formazione "succulenta" dell'arto sinistro ancora levanto in cielo, e proteso a sfida, verso quell'oramai dimenticato e improvvisato antagonista. L'afferò rapidamente con l'altro braccio, ficcandoselò tutto in bocca. Tuttavia, forse a causa di quel brusco movimento o di una divinità impietosita dalla situazione o ancora da quel briciolo di coscienza che ancora gli galleggiava dentro o comunque sia, il mezzodemone si ritrovo a testa in giù, mentre i rami gli sfioravano veloci il volto e il terreno sottostante gli si avvicinava sempre più *..ehi?! ma io non era sopra ad un alb..* nemmeno il tempo di rendersene conto che già il mezzodemone si trovo guancia guancia con il fresco terreno verdeggiante a ridosso del sentiero.. un brutta giornataccia aveva preso forma.. ---------- KCFG6] 212 Giorgia/[Shima] 280403/01 E come al solito il santo Corwin salvatore si fece avanti schiarendosi leggermente la gola. "Siamo lieti che non si siano create divergenze tra inostri popoli" disse semplicemente a spiegare ciò che Ethan voleva dire "La donna del vostro popolo è ormai fuori da qualsiasi pericolo. Se non ci sono altre incombenze noi faremmo ritorno dalla nostra gente" *prima che Etan dica qualcosa di strano* aggiunse mentalmente. Shima era decisamente divertita dallo sforzo innaturale del ragazzo di dimostrarsi 'grande'. "Sì,io direi..."ma la donna non riuscì a terminare la frase che un sordo tonfo la interruppe. Alle sue spalle qualcosa sembrava essersi ingarbugliato nella tenda:si agitava convulsa,lanciando di tanto in tanto strani urletti lamentosi. opo qualche istante di dura battaglia all'ultimo sangue con il drappo,ne uscì, letteralmente srotolandosi,una ragazzetta sui quattordici o quindici anni,che si affrettò a rendersi presentabile e ad esibire un profondissimo -pure troppo- inchino agli stranieri. "Yue?"l'aria perplessa dell'anziana donna era del tutto comprensibile. La ragazzina alzò il capo e passò lo sguardo da un volto all'altro con fare piuttosto inquietante:gli occhi sgranati e un'espressione diversa per ognuno di coloro che guardava. Quando arrivò al giovane Ethan si fermò. Un attimo di esitazione e poi... "aaaaaaAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!!!!"gridò così forte che dubitava qualcuno non l'avesse sentita. "TuuuUUUU!!!"indicò con insistenza Ethan"Io...ti vedo...vedo una corona sul tuo capo...SARAI RE!!!Oh,un re di fulgida bellezza e saggezza..." Si sedette dinnanzi a lui,spostando maldestramente boccali e fiaschetta,poi riprese,gli occhi ridotti a due fessure: "...tu...mmmh...tu...HAI UNA MADRE!!!Oh,bellissima...ed è...una madre...femmina?Sì,è FEMMINAAAA!Vedo...grandi gesta e...no!NOOOOOOO!Destino crudele e avverso..."si portò una mano alla bocca mentre i suoi occhioni blu si facevano lucidi"...perirai per mano di un tuo nemico,a metà giornata a causa..." "Basta così Yue!"sentenziò l'anziana"Cosa te tue predizioni davanti a ospiti!" "Ma Shima!Loro...devono sapere!DEVONO!"si giustificò trascinandosi vicino all'anziana donna. "Ora tu chiedi scusa..." "Ma..." "Yue!" "..."con aria mortificata si voltò verso i cavalieri"Io chiede...scusa." "Bene così."si complimentò Shima. "Ma lasciate che la grande Yue vi faccia ultima rivelazione!"aggiunse in fretta"Voi...un giorno...morirete!"il suo tono basso e sibilante avrebbe reso tutto molto drammatico,se la frase fosse stata diversa e meno scontata. Si alzò ed andò a sedersi in un angolo della tenda,con l'ordine esplicito della donna di non aprire bocca a meno che non fosse stata interpellata. "Non fateci caso,lei 'predice' la morte di qualcuno anche venti o venticinque volte in giorno..." ---------- [KCFG7] 209 Lorenzo/Eleath 090402/01 [Nenril] "non capisco..." La voce giunse quasi ovattata nelle orecchio al riparo del cappuccio di Eleath, ma riuscirono a penetrare nel profondo del mezzo drow. Anche lui non capiva, ma forse c'era davvero ben poco da capire; se lo era sempre immaginato il momento del ritorno a casa e tutti i cattivi presagi si erano manifestati. Le ferite infertegli da suo padre gli bruciavano ancora, e non solo fisicamente. [Nenril] "perchè vuoi tornare..." *Bella domanda* pensò il mezzo drow, ma sorrise al pensiero di Nenril. [Nenril] "saprai meglio di me....cosa ci succederà.." Sospirò, poi rispose alla mezzelfa con il suo stesso tono di voce basso e lento [Eleath] "Sì, lo so. Probabilmente moriremo tutti, anzi sicuramente, tuttavia quella rimane la mia prima casa. Nonostante io odi Jark'alè, il mostro che è diventato mio padre, la matrona e l'Underdark tutto, quello è il posto dove sono nato e cresciuto. Io non ti chiedo di seguirmi, in fondo questa non è la tua battaglia riguarda solo me ed è solo un caso che tutto si sia manifestato solo ora. Inoltre ho dato la mia parola ad Icaro che l'avrei aiutato, e stai sicura che prima di venire ucciso lo farò" Prese fiato, si abbassò un poco per raggiungere il volto di Nenril e le sussurrò nell'orecchio. [Eleath] "Non morirai, fidati." Rialzò la testa e continuò a camminare, ormai non doveva mancare molto. -=-=-=-=-=-=- L'Angolo del Bardo -=-=-=-=-=-=- *I Bardi sono soliti viaggiare di regno in regno portando storie e notizie raccolte qua e là. A volte informazioni utili, altre volte semplici storie, talvolta vere, talvolta false. Questo particolare bardo telematico vi porta le voci che arrivano dalle terre più distanti, ovvero quelle delle altre liste...* § Nei pressi di Iskandar, ai confini orientali della piana di Turam, un pacifico villaggio è stato devastato e raso al suolo da un'orda di esseri demoniaci, apparentemente mai visti. Hanno lasciato devastazione e sangue dappertutto, uccidendo tutto ciò che si muoveva. Non si hanno più notizie del piccolo Sirius, parrebbe essere stato rapito, giacché trovata vuota la culla dove era solito riposare. § Quattro giovani, per circostanze fortunose scampati al massacro, ricevettero la visita del vecchio del paese, gravemente ferito e prossimo alla morte, ottenendo per mano sua un manufatto prezioso, quanto potenzialmente pericoloso. Questi, con le ultime energie ancora in suo possesso, disse loro di scappare e portarsi dietro l'oggetto, e di difenderlo a costo della vita. Fuggendo a rotta di collo attraverso un fitto bosco, due di loro trovarono la morte per mano di misteriosi nonché invisibili assassini, poiché nessuno pare averli mai scorti. § Gli ultimi due sopravvissuti, stanchi e spossati riescono ad attraversare il bosco maledetto, e qui incontrano un gruppo di avventurieri, capitanati da Skoltan, un giovane e focoso guerriero umano. § Sempre per circostanze misteriose Trigot uno dei due giovani viene dilaniato, davanti a tutti, da una selva di spire lignee animate di vita propria, avvinghiandolo e stritolandolo, in una fortissima presa costrittrice, uccidendolo all'istante. § Il gruppo di Skoltan, e l'ultimo sopravvissuto dei quattro, Asfot, grazie al potere del piccolo halfling Dash, scompaiono alla vista di tutti. § Al tempio di Flean, è comparso uno strano personaggio, misterioso quanto oscuro. Si dice che sia un rinnegato, un essere dedito alla morte, e che vive in funzione di essa. Si dice che sia un Lich. § Alcuni sprovveduti, sono stati visti viaggiare in sua compagnia. Le ultime notizie certe li davano alle porte dell'"Osteria della lepre", una locanda in un villaggio lì vicino. § Inquietanti movimenti di esseri alati si vedono, soprattutto al crepuscolo, sulle sommità della catena del serpente. Parrebbero Draghi, blu per l'esattezza. § Non si hanno più notizie del gruppo di avventurieri visti poco tempo addietro comparire dal nulla. Si dice che siano esseri fatati, appoggiati dalle divinità. La loro composizione è delle più svariate sia in razze che per professione. Sembravano quasi prigionieri di un drow di nome Jark'alè. Si mormora che siano discesi all'inferno. Discesi da dove non si torna indietro. Nell'Underdark. -=-=-=-=-=-=- Miti e Leggende di Anthuar -=-=-=-=-=-=- La Discesa degli Angeli Nonostante la ricostruzione del mondo neonato procedesse, con la collaborazione di tutti i Nuovi Popoli e dei Draghi, gli dei iniziarono presto a soffrire del loro forzato allontanamento dal mondo. Essi erano ancora in grado di comunicare con coloro che si erano presi l'incarico di portare le loro parole nel mondo, ma questi contatti erano limitati e non assomigliavano a quelli avvenuti nella Prima Era. Fu dalla nascita degli Exadar che essi vennero ispirati a trovare un modo per avere degli intermediari più diretti tra loro ed i Nuovi Popoli. Se gli Exadar avevano potuto spogliarsi del loro potere divino, mantenendone solo una frazione, e convivere con i Nuovi Popoli, doveva essere possibile dare vita a delle creature che, pur senza legarsi alla materia, possedessero solo una piccola parte del potere degli dei, non abbastanza da recare danno alle popolazioni del mondo neonato che fossero venute in contatto con essi, ma al tempo stesso sufficiente da permettere loro un contatto diretto con gli dei. Così questi esseri vennero creati, e vennero chiamati angeli. E gli angeli di ognuno degli dei furono diversi da quelli di ogni altro, poiché essi erano un emanazione del potere di quel dio. Nacquero così angeli di luce e di tenebra, angeli di fuoco e d'acqua, angeli di terra e d'aria ed altri angeli ancora. E gli angeli scesero sul mondo neonato come messaggeri degli dei, e tramite essi gli dei poterono nuovamente comunicare con i mortali. Anche Lorathh, che pure non aveva mai perso i contatti con le poche creature che abitavano nel suo regno sotterraneo, decise di creare i propri angeli, e gli angeli di Lorathh nacquero con la forma di donne le cui teste erano ragni dai molti occhi e dalle molte zampe, e le cui vesti erano tessute da fini ragnatele, morbide come seta. Solo Tar non creò alcun angelo. Come gli Exadar, gli angeli erano creature di pura energia, ma se gli Exadar avevano deciso di unirsi alla materia per vivere tra i mortali, gli angeli furono creati per poter viaggiare tra il mondo neonato ed il Nulla, dimora degli dei, e pertanto non fu dato loro un corpo di materia. Tuttavia, alcuni degli angeli discesi sul mondo neonato ne furono a tal punto affascinati che desiderarono restarvi, ed ogni volta che essi dovevano tornare nel Nulla era per loro sempre più difficile distaccarsi dal mondo dei mortali. Fu così che alla fine alcuni degli angeli non fecero ritorno, e gli dei inviarono nel mondo Thaigham perché li riportasse al Nulla. Egli incontrò molti angeli e ordinò loro di ritornare al Nulla. Ed alcuni di tali angeli, per rispetto o per timore, gli obbedirono e fecero ritorno. Ed alcuni di essi gli resistettero e furono obbligati a tornare con la forza. Ed altri ancora combatterono e furono distrutti. Ma un gruppo di angeli gli chiese semplicemente il permesso di poter restare, e Thaigham non seppe cosa fare. Era stato mandato a riportare indietro gli angeli, e con ognuno di essi si era comportato come era giusto fare, ma questi angeli non stavano lottando né resistendo, stavano solo chiedendo di essere liberi, e questo era qualcosa a cui non era preparato. Tale fu la forza del suo dubbio che egli perse consistenza e si scisse in due diverse entità. Una di esse avrebbe voluto che gli angeli seguissero gli ordini dei loro creatori, volenti o nolenti, ed essa prese il nome di Tirgh. L'altra riteneva che gli angeli avessero il diritto di essere liberi e che neppure gli dei avrebbero dovuto imporre ad essi la loro volontà, ed essa prese il nome di Themnoc. Incapaci di raggiungere un accordo, Tirgh e Themnoc condussero gli angeli di fronte agli altri dei, perché fossero loro a prendere una decisione. Ed essi decisero che ogni angelo avrebbe avuto il diritto di perorare la sua causa di fronte al dio che lo aveva creato, perché questi potesse decidere del suo destino. Molti tra gli angeli ebbero paura di chiedere la libertà, e così rimasero nel Nulla. Molti la chiesero, ma i loro dei ritennero che la loro richiesta non doveva essere accolta, e così essi rimasero nel nulla. Ma alcuni degli angeli di Silvana, eteree creature simili a donne dalla pelle verde chiaro come l'erba dei prati e dai capelli simili a foglie, dissero alla dea che ritenevano di poter essere utili al mondo neonato abitando sulla sua superficie e prendendosi cura degli alberi e della vegetazione. Così Silvana diede loro il permesso di restare nel mondo, ed esse divennero parte della materia e della vegetazione, e presero il nome di Driadi, o andarono ad abitare nel profondo dei laghi e dei fiumi che davano nutrimento agli alberi, e presero il nome di Ondine.