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IL PRIMO PATTO DEGLI DEI

Mentre si gettavano le basi di una catastrofe che avrebbe irreparabilmente segnato la seconda era del mondo neonato, gli dei si riunirono nuovamente in concilio per discutere e meglio comprendere ciò che la loro rivalità aveva causato nel mondo.
Essi, fossero seguaci dell'ordine, portatori di caos o detentori dell'equilibrio, comprendevano che le loro azioni avevano avuto un'influenza negativa sul mondo neonato e tra i mortali, e che nessun senso avrebbe avuto la vittoria dell'uno o dell'altro se poi non fosse rimasto nessuno che potesse seguire i loro precetti.
Poiché essi erano fuori dal tempo, le loro discussioni durarono un istante ed un'eternità, mentre il mondo guariva dalle ferite della guerra.

Luxiana fu la prima a parlare, sostenendo che l'Ordine avrebbe senza dubbio scongiurato qualunque altra guerra, e che in nessun modo seguendo la Legge i mortali avrebbero potuto autodistruggersi, preservando così l'esistenza del mondo neonato.

Tetranor parlò subito dopo di lei, sostenendo che l'Ordine avrebbe portato solo ad altre guerre, mentre il Caos le avrebbe impedite, poiché solo nel momento in cui ognuno fosse stato libero da qualunque imposizione i mortali avrebbero cessato di combattersi, non avendo più alcun motivo per farlo, e che perciò solo il regno del Caos avrebbe impedito al mondo neonato di restare vuoto e desolato.

Celaban parlò per ultimo, rimproverando gli altri poiché essi avevano nuovamente perso di vista lo scopo del loro concilio, e ricordando loro come proprio simili affermazioni e convinzioni avessero portato alla sanguinosa guerra che era da poco terminata.

A lungo ognuno degli dei fu fermo sulle proprie posizioni, ma alla fine essi furono costretti a riguardare quanto era accaduto ed ammettere che nessuno di loro avrebbe mai potuto imporre la propria visione del mondo senza che lo stesso ne venisse danneggiato, o che avrebbero dovuto farlo in un modo che prescindesse dalla violenza e dallo scontro.
Per questo, di comune accordo, Luxiana e Tetranor decisero che avrebbero mutato profondamente la natura del mondo neonato in modo che quanto era accaduto non potesse mai più ripetersi.
Ma ancora una volta Celaban parlò, affermando che la natura del mondo doveva essere mutata, sì, ma non per cambiare il mondo stesso, bensì per fare in modo che esso non potesse più essere cambiato.

Egli spiegò agli altri dei ciò che riteneva giusto fare, e gli altri dei approvarono ciò che egli disse.
Essi avrebbero fatto in modo che il potere di ogni dio di cambiare il mondo dei mortali e della materia, per quanto potente egli potesse essere, non fosse mai maggiore del potere della fede che i mortali stessi avevano in lui. Quanto maggiore fosse stato il numero dei suoi veri fedeli e seguaci, e quanto maggiore fosse stata la forza della loro fede, tanto maggiore sarebbe stata la sua capacità di influenzare il mondo direttamente e senza intermediari. Solo così, ritenne Celaban, il mondo sarebbe stato al sicuro, ed una nuova guerra degli dei sarebbe stata prevenuta, poiché nessun dio avrebbe rischiato di ridurre il proprio potere sul mondo decimando i suoi stessi seguaci nel tentativo di ottenere il predominio, ed essi sarebbero stati costretti a diffondere la fede in loro attraverso i loro sacerdoti, poiché nessuna conversione forzata sarebbe stata utile alla loro causa, e nessuna imposizione avrebbe mai potuto far nascere la vera fede necessaria ad alimentare il loro potere sul mondo materiale.

Quando la decisione fu presa, gli dei inviarono gli angeli a portare la notizia agli spiriti, perché essi sapessero quanto stava per accadere, anche se non ne sarebbero stati direttamente influenzati.
Nessun emissario fu inviato ad avvertire i Dai-Mon, che gli dei non ritenevano degni, e che ormai la maggioranza di essi riteneva sconfitti, e nessuno si rese conto di quanto ciò che stava per accadere li avrebbe resi più forti.
Una volta che gli spiriti seppero, senza muovere obiezioni, gli dei tutti, senza alcuna esclusione, si riunirono ed operarono la grande mutazione del mondo neonato, di cui nessun mortale sarebbe stato a conoscenza se non dopo moltissimo tempo.

Fu così che, nel tentativo di risparmiare al mondo neonato un nuovo conflitto, gli dei aprirono le porte ad un evento che nessuno di essi aveva pronosticato, e che perfino gli dei dell'equilibrio, nella loro saggezza, non avevano realmente ritenuto possibile.
Nel loro desiderio di trovare un accordo che avesse consentito ad ognuno di essi di conservare le proprie idee senza per questo mettere a rischio l'integrità del mondo che osservavano e custodivano, essi avevano del tutto dimenticato la minaccia rappresentata dai Dai-Mon, che già mentre il mondo riprendeva a fiorire dopo la devastante guerra che l'aveva segnato, operavano nell'ombra per dare vita a quella che sarebbe stata la loro più grande realizzazione.
Nessuno di essi, neppure gli dei dell'equilibrio, aveva avuto modo di pensare che i Dai-Mon si fossero ritirati non perché avessero compreso di aver perduto, ma perché ciò avrebbe dato loro la possibilità di attaccare con nuova forza quando la guardia fosse stata abbassata, e l'attenzione degli dei rivolta altrove.

Nessuno di essi, neppure gli dei dell'equilibrio, si rese conto che la pur nobile intenzione di porre il mondo al sicuro dalle mire e dagli eccessi degli stessi dei, avrebbe consegnato nelle mani dei Dai-Mon un'arma in grado di devastarlo per sempre.

Nessuno di essi, neppure gli dei dell'equilibrio, pensò che limitare l'intervento nel mondo materiale di una delle forze fondamentali che ne regolavano l'esistenza, senza apporre gli stessi limiti, se non a tutte, almeno a quella che essa controbilanciava in maggior misura, avrebbe generato una disparità che sarebbe stata sfruttata dai loro più antichi avversari dopo loro stessi.

Nessuno di essi, neppure gli dei dell'equilibrio, si rese conto di quanto stava accadendo e di quali sarebbero state le conseguenze del loro stesso gesto, se non quando fu ormai troppo tardi, poiché la mutazione che avevano creato era ormai irreversibile, e le limitazioni che si erano imposti erano tali che il loro immenso potere non poteva più essere sufficiente a disfare ciò che quello stesso potere aveva fatto.

Da quel momento in poi, infatti, per quanto forte fosse la fede dei mortali, nessun dio, neppure unito a tutti gli altri, avrebbe mai avuto potere sufficiente a riportare indietro la natura del mondo neonato, e permettere così al potere divino di plasmarlo come un tempo aveva potuto fare.
Ma i Dai-Mon, il cui potere non era la divinità ma la magia, non avevano subito alcuna limitazione.


Prosegue con: La Seconda Guerra dei Draghi

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