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LA FINE DELLE GUERRE

Con l'entrata nel conflitto degli spiriti, fu come se il mondo stesso fosse insorto contro i Dai-Mon ed i loro seguaci.
La guerra continuò ancora a lungo ma il profondo mutamento del conflitto fu subito evidente, e le forze dei Dai-Mon si ritrovarono rapidamente in una situazione di svantaggio.
Gli spiriti ed i loro alleati rinforzarono le schiere dei fedeli degli dei, dando loro il tempo di riorganizzarsi e riprendere le forze mentre loro affrontavano l'esercito avversario in campo aperto.
Le loro forze ed il loro potere, da soli, non sarebbero stati sufficienti a contrastare le schiere dei Dai-Mon e dei servitori della Morte, ma lo furono per ostacolarle fino al momento in cui i fedeli degli dei non ebbero ripreso abbastanza potere da unirsi nuovamente alla lotta.
Contro l'alleanza tra dei e spiriti, i Dai-Mon furono in inferiorità, anche se per lungo tempo rifiutarono di arrendersi. Essi avevano perso tutti i vantaggi che avevano fino ad allora posseduto nel conflitto. Le loro forze, un tempo superiori a quelle dei loro avversari, erano ora alla pari, se non ridotte in inferiorità. Ai nemici indeboliti dal conflitto precedente si erano ora unite nuove forze che non avevano mai combattuto tra loro, e che erano anzi più forti rispetto alle loro schiere, che già più volte avevano dato battaglia al nemico.
E, cosa più importante tra tutte, essi avevano perso il vantaggio dato loro dal potersi schierare in campo al fianco dei loro seguaci, poiché se questo agli dei era impossibile, non essendo i mortali in grado di sostenere l'esposizione diretta al potere divino, non altrettanto impossibile era per gli spiriti, il cui potere, per quanto grande, era il potere della natura e della vita stessa, e la cui presenza piuttosto che annichilire i mortali li inebriava.

Con gli spiriti a combattere direttamente i Dai-Mon sul campo di battaglia, le sorti della guerra furono ben presto nelle mani dei soli mortali e dei poteri a loro concessi.

Durante questa fase del conflitto vennero combattute grandi battaglie, la storia di alcune delle quali venne tramandata per generazioni.

In una di esse, divenuta poi nota come la Battaglia di Artis, dal nome della cittadina intorno a cui essa venne combattuta, si distinse la figura di Yigralis, un umano privo di doti guerriere ma spinto dal desiderio di aiutare la sua gente a riportare la pace. Si narra che egli, incapace di combattere con la spada o con il potere, decise di farlo usando ciò in cui sopra ogni altra cosa era abile, la musica. Egli scese nel campo di battaglia armato solo di una cetra, e non impugnò mai alcun'arma, né vibrò alcun colpo per tutto lo scontro, ma con la sua musica ed i suoi canti egli risvegliò lo spirito guerriero di quanti combattevano al suo fianco, e lo sostenne fino a quando lo scontro non fu terminato, incurante del pericolo che egli stesso correva.
Accompagnati dalle sue note e fortificati dalla sua musica, i suoi alleati ottennero quel giorno una grande vittoria, sconfiggendo ed allontanando una nutrita compagine di seguaci dei Dai-Mon e liberando la cittadina di Artis, che era stata fino ad allora in loro possesso.
Ma mentre l'esercito sconfitto si ritirava, uno dei loro potenti negromanti evocò un Angelo della Morte, perché anche nella sconfitta desiderava infliggere una grave perdita all'esercito nemico. E l'angelo, guidato dalla stessa musica che aveva ispirato i vincitori, raggiunse Yigralis e lo portò con sé nell'aldilà.
Ma gli dei, che dal Nulla avevano osservato l'intero scontro, furono così colpiti da quanto era accaduto che richiamarono lo spirito di Yigralis dall'oltretomba e gli concessero di entrare a far parte delle loro schiere, divenendo un dio egli stesso.

Una simile sorte toccò ad un altro mortale, il quale però non dovette il suo onore all'essersi distinto in una singola battaglia, ed anzi non entrò mai in battaglia per tutta la durata della guerra, ma pure diede un contributo talmente valido ed insolito alle sorti dello scontro che gli dei lo vollero tra loro dopo la sua morte.
La sua natura ed il suo aspetto si persero presto nel tempo. C'è chi giura che fosse un nano, altri dicono che fosse un basso e robusto umano, ed in molte razze e culture viene venerato come un esponente di quella stessa razza, tanto che ormai più nessuno conosce la verità.
Ahahr, tale era il suo nome, come Yigralis non era un guerriero e non avrebbe potuto impugnare efficacemente un'arma contro il nemico, ma per tutto il tempo della guerra passò da un accampamento all'altro, talvolta perfino attraversando zone controllate dal nemico con grande sprezzo del pericolo, e in ogni luogo in cui si fermò portò informazioni ma, anche e soprattutto, portò il buonumore tra le schiere dei fedeli degli dei, raccontando loro aneddoti a volte reali, a volte inventati ed a volte un po' di entrambe le cose, e risollevando il loro morale tra una battaglia e la successiva.
Egli non era in grado di richiamare a sé il potere divino o quello della natura, e non poteva compiere prodigi, ma possedeva una capacità che nessun dio avrebbe potuto concedergli, quella di vedere il lato umoristico di qualunque cosa, inclusa la guerra che da tempo si trascinava avanti nel mondo. Una capacità che in qualche modo egli riuscì a trasmettere ad altri facendone i suoi seguaci, che in realtà mai lo seguirono realmente, ma che si sparsero per il mondo a fare ciò che lui stesso faceva, ed a rendere la vita e la lotta più sopportabili.
Così, come Yigralis, anch'egli nel momento in cui raggiunse l'aldilà venne richiamato dagli dei ed accolto tra loro come un loro pari. Ma, diversamente da lui, egli morì anziano nel proprio giaciglio. E si narra che lo fece ridendo.

Non vi fu mai una battaglia che decise le sorti della guerra, ma essa si spense lentamente e senza clamore, contrariamente a come era iniziata. Gli scontri si fecero sempre meno frequenti, quanto più frequenti erano le sconfitte dell'esercito dei Dai-Mon, ed alla fine le ostilità cessarono del tutto.
Né gli spiriti, lieti che la guerra fosse terminata, né gli dei della legge e del caos, gratificati della loro vittoria, pensarono mai che il ritorno della pace potesse nascondere qualcosa, e che l'improvvisa resa dei Dai-Mon potesse essere il preludio di una nuova catastrofe, e non la fine dello scontro.
Solo gli dei dell'equilibrio temettero che qualcosa potesse non essere come appariva, ma i loro sospetti erano troppo vaghi e privi di forma. Celaban ne parlò con Luxiana e Tetranor, ma Luxiana ritenne che i Dai-Mon si fossero semplicemente arresi all'ordine e che da esso sarebbero d'ora in poi stati soggiogati, e Tetranor ritenne che i Dai-Mon fossero stati soverchiati dalla potenza del caos e che da quel momento in poi, temendola, non sarebbero più insorti. Non avendo modo di dimostrare le sue ragioni, delle quali neppure aveva piena certezza, Celaban non tentò di convincerli del fatto di poter essere in errore, ed accettò che quella fosse la fine delle guerre.


Prosegue con: Il Primo Patto degli Dei

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